
047 2005-08-01 Kashmir, opera d’arte lungo la strada che porta a Leh
March 2, 2014Qualche volta anch’io son stato tentato di definire cosa sia ”La Fotografia”, e non sono il primo. Dopo Roland Bartes, Henri Cartier Bresson, Susan Sontag e tanti altri che ci hanno lasciato attente considerazioni, il mio contributo in materia sarebbe inadeguato e frutto di tanta presunzione.
Certi valori estetici d’una fotografia spesso non sono altro che il frutto del caso, ovvero trovarsi nel punto giusto al momento giusto per cogliere con “un po’ d’occhio” quell’attimo fuggente. Non voglio minimizzare il contributo che grandi fotografi ci hanno lasciato, al contrario: loro all’ “occhio” hanno unito la sensibilità di cercare e soprattutto di trovare quel momento magico unito all’abilità tecnica di valorizzarlo.
Poi col tempo, nella migliore delle ipotesi, le immagini ritrovate ci riportano memorie altrimenti perdute, ci raccontano una storia. Tutto rimane, e adesso parlo per me stesso, un’esperienza soggettiva. Le emozioni di quell’attimo son solo personali, sono il frutto di tutto quello che le ha precedute e condizioneranno tutto quello che le seguirà.
Sdraiato per terra su una stuoia, all’interno d’un yurt in Kashmir, stanco, bevendo thè e con un forte mal di testa dovuto all’altitudine dell’Himalaya, sono rimasto incantato da quelle linee convergenti verso il centro della tenda, da quella stella a tante punte. Nell’insieme c’era un’armonia estetica semplice ed allo stesso tempo suggestiva. Ma chi l’aveva disegnata e costruita? C’era un anonimo artista, forse più di uno, con l’esperienza di secoli di vita nomadica, che non era mai stanco di erigere e smontare la tenda secondo le stagioni, aveva creato per me un’opera d’arte che non sarebbe mai stata esposta in un museo. Mi son sentito fortunato d’esser là ad ammirarla.
E grazie alla fotografia quest’oggi rivivo quell’emozioni allora provate.
Il mio blog di memorie M’Arcordo… http://biturgus.com/
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