Archive for May, 2012

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034 2008-06-02 Roma, la parata della Festa della Repubblica.

May 31, 2012

Roma, Festa della Repubblica

Io la parata della Festa della Repubblica non l’avevo mai vista, così quando facendo i conti mi accorsi che sarei stato a Roma proprio in quei giorni decisi di allungare il mio soggiorno per vederla. E fui contento, soddisfatto e fiero. Pochi anni prima, quando scopri che l’avevano eliminata, non potevo crederci, l’Italia era l’unico paese al mondo senza una festa nazionale, in compenso non son mai mancate quelle religiose. Si, sono sarcastico.

I questi ultimi giorni le forze della natura hanno ancora tragicamente colpito l’Italia con la perdita di vite umane ed incommensurabili danni. Si é subito discusso sull’opportunità o no di fare la parata militare a Roma ed alla fine il presidente Napolitano ha dato il suo consenso.

Questo diventa il mio dilemma: sono un italiano o sono un americano? Nei momenti di positivo ottimismo voglio credere che con la mia esperienza son riuscito ad accomunare il meglio delle due culture, per poi in altri momneti rendermi conto che non son piú un italiano senza esser diventato un americano, mi son perso per la via, anche se in tasca ho due passaporti.

Posso solo immaginare le sofferenze dei terremotati, di chi ha perso i propri cari, ma sono lontano e la realtà italiana mi sfugge. Sento gli echi di un momento economico difficilissimo ma in questo caso son lontano. e anche qui le cose non vanno bene.  Io son lontano e vedo tutto con un binocolo ribaltato.

Per un Americano sarebbe impensabile l’idea di cancellare una celebrazione come The 4th of July con i fuochi d’artifico o Veteran Day (11 novembre) con tutte le parate militari. Queste sono per loro il simbolo dell’unità nazionale e la commemorazione delle forze armate. Dopo tutto ben mezzo milione d’americani son morti per mantenere The Union. Mi é stato ripetuto tante volte che proprio nei momenti piú tragici dobbiamo sentirci vicini per supere le difficoltà contingenti e che queste commemorazioni consolidano l’unione e riaffermano l’identità.

Se il tragico terremoto fosse accaduto il 20 dicembre sarebbe venuto in mente a nessuno l’idea di cancellare il Natale? Pensate che i francesi cancellerebbero la parata del XIV luglio e gli inglesi the Trouping the Colours in onore della regina? Lo dubito, lo dubito molto.

 

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034 2008-07-19 Giodania, Qasr Al Azraq, l’ufficio di T.E. Lawrence.

May 29, 2012

Giordania, Qasr Al Azraq

Di Qasr Al Azraq é una fortezza a circa un centinaia di kilometri ad est di Amman, e di questa son rimaste solo le rovine e come mi disse una guida:

“Mica le possiamo mantenere tutte, dobbiamo fare le case a chi non ce l’ha prima di riparare i ruderi.” E non gli potevo dar torto.

T.E. Lawrence ci svernò nel 1917-18 prima di andare a Damasco ed il suo ufficio, almeno così lo definiva ancora la nostra guida, era la stanza sopra la porta, quella di cui si vede la finestra, ma forse anche ci dormiva. Quella é una porta interna, che dà accesso al cortile. Non fu una visita emozionante, diciamo solo che mi piaceva l’idea d’essere a quella finestra e vedere quello che Lawrence aveva visto.

Ed in quell’afoso pomeriggio d’estate, ai mergini del deserto, pensai al film “Lawrence of Arabia” del 1962. Fu forse in parte filmato proprio li? Non lo so.

Quando uscì fu un grand’evento cinematografico ed io volevo tanto vederlo. Le avventure nel deserto erano le mie preferite. Comprai anche il libro “Seven Pillars of Wisdom”, ma non ce la feci a finirlo, era troppo noiso per me che avevo sperato di trovare un libro alla Salgari. Allora c’erano ancora i film in prima visione, ed i biglietti era sempre carissimi. Quello era un lusso che non mi potevo permettere e dovetti aspettare per mesi prima che andasse in seconda visione al Cinema Cavour nell’omonima via a Firenze. Certo allora non pensai che sarebbe venuto un giorno in cui sarei andato nell’ufficio di Lawrence. Ancora affascinato da questo soldato un po’ bizzarro appena fu disponibile il DVD lo comprai. Penso che si l’ora di riguardare il film, ancora mi affascina.

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034 1984-10 Sansepolcro, Arduino Brizzi con gli amici.

May 28, 2012

1984-10 Arduino a Porta Fiorentina

Arduino Brizzi faceva la collezione dei giornalini. Quella che da ragazzo era stata una sua passione da grande era diventata una missione, doveva salvare dal macero quest’importante elemento della cultura popolare da molti considerato inrilevante se non negativo. Ma dove é andata a finire la collezione d’Arduino, il Museo dell’Immagine? Si chiamava così?

Arduino scrisse anche un libro, “La Piazza”. Durante il periodo di Natale del 1981 ritornai a Sansepolcro, diciamo che quello per me era un periodo di transizione, con dei cambiamenti imminenti che aspettavo con trepidazione. Speravo che ritornare a casa per un po’ di giorni m’avrebbe ridato una boccata di tranquillità; la sicurezza del conosciuto mi avrebbe rincuorato e dato coraggio e fu così grazie anche ad Arduino.

“Ho un regalo per te.” Mi disse mia madre. “Arduino ha scritto un libro, e son sicura che ti piacerà.” Non c’era bisogno che aggiungesse il cognome, di Arduino per me ce n’era uno solo ed io lo conoscevo da sempre. E quante volte mi aveva ripetuto:

“Fausto, mi ricordo la notte che sei nato.” Lui abitava in Via Buia.

La mamma aveva ragione, il libro mi piacque moltissimo e quando andai a letto stanco del lungo volo transatlantico cominciai subito a leggerlo e lo foci tutto d’un fiato. Era un pezzo di vita, di storia di gente che conoscevo e di fatti di cui anche se non avevo una memoria diretta m’erano egualmente tanto vicini. Mi fece sentire parte integrale della comunità: quella, nel bene e nel male, era la mia gente e la distanza fisica che mi separava non me la farà mai sentire lontana.

A suo tempo quando cominciai a scrivere i miei M’Arcordo… il lavoro d’Arduino fu per me un esempio da seguire.

Nella foto alla sua destra c’é Aldo Rossi che gli sarò vicino nei giorni della malattia ed alla sinistra Roberto Tricca (Didima me ne ha ricordato il nome).

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033 2007-04-18 Arizona, la ciaccia fritta dei Tohono O’odham

May 27, 2012

la ciccia fritta dei Tohono O’Odham

Abbiamo guidato per ore attraversando la vasta riserva indiana dei Tohono O’odham nel sud dell’Arizona, vicino al confine col Messico, la nostra destinazione per quel giorno era Tucson. Invece di prendere l’autostrada abbiamo preferito avventurarci  lungo una strada secondaria sterrata e polverosa traversando poveri villaggi. Si, abbiamo visto le ossa sbiancate dal sole di vacche che s’eran sperdute nel deserto di Sonoran.

Non lontano da Tucson siamo arrivati alla missione di San Xavier del Bac, interssante testimonianza della conquista spagnola. Abbiamo visto che proprio sul davanti della chiesa c’era un mercato e tanta gente che s’aggirava fra le bancarelle.

Sceso dalla macchina ho subito sentito un ottimo odore di fritto.

“Fritta é buona anche ‘na ciabatta!” non mi stanco mai di ripetere l’affermazione di mia madre.

Ho cercato con l’olfatto la sorgente di quel profumo e mi son trovato davanti ad una indiana che stava friggendo qualcosa che mi parve subito conosciuta.  

“Ma quelle sembrano ciaccie fritte!” pensai e ne comprai subito una, era una ciaccia buonissima! Ma come era arrivata fin quà? Non ho una risposta e non mi importa di trovarla, l’importante era il fatto ch’era buonissima. Ed ho scoperto anche il perché, accanto ai fornelli ho notato un gran secchio di plastica bianco dove era scritto “Lard” ovvero l’unto (la strutto) di maiale. Ecco il segreto!

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033 1984-10 Sansepolcro, La Fortezza del Sor Marco.

May 26, 2012

Il cancello della Fortezza

            So che l’attuale sitazione della fortezza di Sansepolcro é catastrofica per dire poco e non voglio aggiungere altro alla pena a tutti i miei concittadini. Ma una volta c’era un’altra fortezza, imponente e sopratutto misteriosa con quel cancello in cima a quella scala.

Da bambino, nel dopo guerra, mi sentivo privilegiato: io in fortezza c’ero stato ed anche parecchie volte. Il nonno era il fattore del Sor Piero che ancora ci abitava con la sua famiglia. Quando nel 1950 il Giro d’Italia passò per Sansepolcro mio nonno mi portò alla fortezza e mi posizionò sullo sperone dello spalto che era proprio sopra la Tiberina 3bis. Attendevo con trepidazione il momemento che sarebbero passati i mitici campioni Coppi e Bartali. La mia posizione era favolosa, pensavo, ma poi quando arrivarono li vidi dall’alto e passarono così veloci, in un attimo, che non riconobbi nessuno. Delusione!

Il nonno da giovane aveva cominciato a lavorare a Gricignano quando era ancora tutto del Sor Marco Collacchioni come aiuto fattore ed anche la fortezza era la sua, ma lui non ci stava, aveva il palazzo in via Aggiunti, ma poi alla fine credo che preferisse stare i quello di Firenze.Il Sor Marco era diventato senatore del regno per diritto di censo, ovvero aveva tanti di quei possedimenti, pagava tante di quelle tasse che per lui era un diritto quello d’esser seduto in senato. Possedeva tutto Capalbio in Maremma.

Bianca era sua figlia e quando nacque in suo onore un podere a Gricignano fu chiamato Casa Bianca, anche s’era tutto rosso di minio. Quando si sposò ci fu anche una gran festa con tutti i contadini, in fila con lo schioppo, allineati lungo la via da quella casa  fino alla fattoria. Tutti spararono in alto al passaggio della carrozza e per finire ci fu un gran botto con la colubrina. La festa fu grande ma furon soldi soldi sprecati, il matrimonio  fini male e fu annullato.

Ma come andò a finire? Semplice, come avrebbero detto i nostri vecchi: finirono le fave ai locchi… e purtroppo, anche per ben altre ragioni, la fortezza casca a pezzi.

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032 2012-05-12 Concord, i pellegrini di Walden Pond.

May 25, 2012

Concord, i pellegrini di Walden Pond

Eccoli i pellegrini di Wolden Pond, e non hanno camminato centinaia di kilometri come quelli che vanno a Santiago de Compostela. Hanno percorso un sentiero di forse cinquecento metri lungo la riva del piccolo lago ed alla fine non hanno trovato ne’ un gran santuario di marmo e ne’ un tempio dalle cupole coperte d’oro zecchino. Non ci sono preti o sacerdoti che chiedono l’obolo, magari hanno portato un fiore, un fiore di campo. Hanno trovato solo delle colonnette di pietra che delimitano i quattro lati del modestissimo capanno dove Devid Thoreau visse per quasi due anni, verso la metà dell’ottocento, vicino alla natura e meditando. Tolstoi e Gandhi di certo non ci sono mai andati, forse Martin Luther King ci venne quando studiava a Boston, ma lessero i suoi libri attentamente e le conseguenze si fecero sentire. Una delle scintille che che portarono al crollo dell’Impero Britannico fu accesa in questo sottobosco.

Lexie, una amica francese, é venuta a trovarci e per lei questa era la prima volta negli Stati Uniti. Nella sua lista dei luoghi da visitare c’era Wolden Pond a Concord, circa 40 kilometri da casa nostra. Lei doveva rendere omaggio a Thoreau, a quello che aveva scritto “Walden, life in the wood” dopo aver vissuto in quella foresta per provare a se stesso e agli altri che abbiamo bisogno di ben poco per esser felici, a quello che era andato in prigione per non aver voluto pagar le tasse ingiuste che servivano a sovvenzionare l’inutile ed ingiusta guerra contro il Messico (1846).

Scrisse molto, ed il suo libro “Civil Disobedience” é considrato da molti un’opera fondamentale contro tutti quelli che sono al potere. É il potere che corrompe, corrompe tutti!

Lexie non é mai andata a Lourdes.

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032 2009-07-20 Gubbio la scala del Palazzo dei Consoli

May 24, 2012

Gubbio, la scalinata del Palazzo dei Consoli

            Lo zio fu l’ultimo capostazione di Gubbio. Poi venne la guerra e quando i bombardamenti distrussero la ferrovia il treno non arrivò piú e lo zio rimase senza lavoro. Era stanco dei tanti trasferimenti e decise di rimanera a Gubbio anche perché la zia era egubina e lei conosceva tutti.

E fu così che noi s’andava a Gubbio a trovarli spesso, molto prima che diventassi balestriere.

Ai tempi del liceo, in estate, ci andavo in vacanza per almeno una settimana da solo, senza i miei. Non avevo amici e passavo le mie giornate girellando, esplorando da solo e leggevo. In quella casa c’erano tanti libri.

“Ma tu l’hai letto Kafka?’ mi chiese un giorno a bruciapelo mio cugino, lui era già laureato. A dir la verità io a quel tempo non sapevo nulla di lui. Alla mia risposta negativa, lui scrollò la testa ed si allontanò per ritornare dopo pochi minuti con vari libri.

“Ecco, prima di tutto devi leggere ’La Metamorfosi’ e poi ci sono i diari” e me li diedi.

Da sempre avevo avuto un senso di gran rispetto per mio cugino lui era piú grande, se lui suggeriva qualcosa voleva dire ch’era quella giusta.

Non ricordo come fu ma mi ritrovai a legger i diari di Kafka seduto su uno degli scalini del Palazzo di Consoli. Poi ci ritornai il giorno dopo, trovavo sempre un posto all’ombra e allora non c’era mai quasi nessuno.

Gli anni son passati e a Gubbio ci son tornato tante volte come balestriere ed anche come turista, ma indovinate a cosa penso ogni volta che entro in quella magnifica piazza? Lo so, é facile, é ovvio. Si, io sono l’unico che, ammirando quella scalinata, pensa a Kafka!

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033 2003-08-17 Turchia, il Cavallo di Troia

May 22, 2012

il Cavallo di Troia

Ma chi l’avrebbe detto: il cavallo di Troia c’era per davvero! Quanto mi sarebbe piaciuto averlo visto quando ero piccino.

“Babbo, raccontami ‘na storia!”  questa era una delle mie ricorrenti domande, quello era un tempo senza televisione e senza video games, quando non si poteva parcheggiare i bambini davanti ad uno schermo.

Le fiabe tradizionali come Cappuccetto Rosso ed il resto erano state il repertorio della mamma, poi col crescere era arrivato il babbo ed il suo comprendeva i ricordi d’Africa, la mitologia ed i poemi greci. Ulisse era il mio eroe preferito, era stato così bravo ad ingannare il ciclope! Forse é stato lui che ha inculcato in me il desiderio di viaggiare. Achille m’era antipatico, era scorretto essere invulnerabile, lui non giocava alla pari e quando fu mortalmente ferito nel tallone fui contento. Nelle giornate ventose cercavo invano di intravedere Eolo seduto su una nuvola che apriva i suoi sacchi.

La storia del Cavallo di Troia era bellissima, ma che furbi quei Greci, ma che ingenui quei Troiani, ma come era possibile esser cosi stupidi e cadere in quel tranello, non ci si deve mai fidare di nessuno e specialmente dei nemici.

Un pomeriggio pieno di sole estivo ho traversato i Dardanelli, dall’Europa sono andato in Asia: é emozionante scendere dalla nave e mettere il piede a terra in altro continente. Costeggiando la costa dell’Anatolia ho raggiunto Troia e là in mezzo a tutti quegli scavi dominava un gran cavallone di legno, che sorpresa. C’erano tanti bambini che salivano e scendevano per la scala che li portava nel ventre.

Ho ripensato tanto al babbo, ma che avrebbe detto lui? In quel momento m’é mancato tanto.

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033 1978-10-08 East Boston, gli Sbandieratori di Sansepolcro alla Columbus Day Parade

May 21, 2012

gli sbandieratori alla Colombus Day Parade, East Boston

Se ne cominciò a parlare mesi in anticipo: la Regione Toscana, in collaborazione con uno dei grandi magazzini al centro di Boston di cui non ricordo il nome, avrebbe mandato una numerosa delegazione per partecipare alle manifestazioni italiane del 1978. A Boston, come in altre città, ogni anno ottobre diviene The Italian Heritage Month e tante sono le iniziative culturali, gastronomiche e folcloristiche e l’evento culminante é la Columbus Day Parade, ovvero si celebra la scoperta dell’America.

A mia madre Colombo non era simpatico, secondo lei se non avesse mai scoperto l’America io non sarei partito da Sansepolcro!

A quei tempi lavoravo con l’Alitalia ed ovviamente per ragioni promozionali eravamo molto coinvolti in tante di queste manifestazioni, come al solito noi volevamo vender biglietti per l’Italia.

Un giorno mi capitò fra le mani una bozza di programma e nella lista dei pertecipanti trovai “Sbandieratori di Sansepolcro” e fui contento, i miei concittadini mi sarebbero venuti a trovare. E vennero anche a casa mia per una spaghettata e vennero ben forniti, grazie alla Regione Toscana, con una borsata di Chianti Ruffino Riserva Ducale 1974, un’annata memorabile.

Da sinistra: Daniele Mercati, Maurizio Marrani, Silvano Lagrimini, Giuseppe del Barna e Francesco Polverini. Il giorno della parata (8 ottobre) face un gran freddo e si vede come Silvano cerca di proteggersi le mani e come lui gli altri. Un’amica ha commentato: “Sambra tutti monchi!”

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032 1972-05-23 Abissinia, le cascate Tis Abay del lago Tana

May 21, 2012

alle cascate Tis Abey del lago Tana

Ho pochissime foto del mio viaggio in Abissinia e sono anche di pessima qualità, avevo un’Istamatic. Ma come si fa ad andare in un tale viaggio, traversando buona parte del paese con un’Istamatic? É da criminale! Quella volta avevo deciso di fare qualche cosa di differente: avevo portato la macchina da presa. Volevo fare un documentario. Illuso. E meglio che non parli dei risultati delle mie riprese se no mi metto a piangere.

Quarant’anni fa, proprio oggi 21 maggio, molto presto al mattino atterrai ad Asmara venendo da Roma. Era ancora buio. Fu una breve sosta. avremmo poi continuato per Addis Abeba, ma ebbi il tempo di scendere  velocemente per la scala di sicurezza posteriore, volevi mettere i piedi per terra, ero emozionato: ecco, ero in Africa, ero in Abissinia! Non potevo chiamarla altrimenti, Etiopia mi sembrava fose un altro posto. Abissinia era quella di cui avevo tanto sentito parlare, quanta gente avevo conosciuto che c’era stata, lo zio Achille aveva vissuto proprio ad Asmara. E poi c’era la canzone di “Faccetta nera…”

La foto fu fatta con la veduta delle cascate Tis Abay che dal Lago Tana danno inizio al Nilo Azzurro. C’era poca acqua perché eravamo alla fine della stagione secca. Uno dei soldati di scorta, quella era una zona infestata da shiftà, mi prestò il fucile per la foto: era un Carcano ’91 lungo, probabilmente manifatto a Terni.