
027 1970-2009 Val Tiberina, i covoni diventono rulloni.
April 28, 2012a fa’ l’amor ‘ntul fieno,
la meno ‘ntu la meno,
‘l core ‘ntul core!”
Quando i nostri vecchi (in particolare quelli d’Aboca) cantavano questa canzoncina voleva dire che a parte far l’amore si dovava andare anche a mietere il grano.
Ed anche se gli strumenti potevano esser cambiati il rituale rimaneva immutato da secoli. E se il raccolto era buono era un momento di gran gioia, non ci sarebbe stata la carestia.
Ancora nel 1970, dopo aver falciato il grano si facevano la manne, ed io non ho mai imparato a farle bene, le mie si slegavano subito. Poi con queste si facevano i covoni come si vedono ben allineati nel campo. Poi si portava tutto nell’aia per la battitura, almeno come veniva ancora chiamata in casa mia, anche se era ormai un termine incorretto, infatti era diventata la trebbiatura. Io la vera battitura con i pali non l’ho mai vista, me l’hanno solo raccontata.
Poi sono andato via.
Ed un’estate al mio ritorno, ma non ricordo quando, le manne non c’erano piú, trovai i rulloni e con l’avvento di questi erano spariti anche i pagliai, che per secoli erano stati l’orgoglio del podere.
Nella valle fanno feste per ricordare e salvare i rituali antichi, e questo é bello. Mi piace rivedere il pagliaio grasso con la bandiera che sventola dal mitulo: le tradizione vanno salvate, sopratutto le tagliatelle col sugo d’oca.
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