Archive for May, 2010

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005 2007-04-16 Arizona, Tohono O’odham riserva indiana

May 31, 2010

Arizona,Tohono O'odham riserva indiana

Non era mai stato in una riserva indiana. Nell’aprile del 2007 abbiamo fatto un viaggio nel sud dell’Arizona ed siamo appena entrati in Messico, a Nogales.

 

Da sempre, grazie a romanzi a film ed a fumetti, sapevo degli indiani americani, che poi non sono neanche indiani. Come tante cose che apprendiamo da bambini eran rimaste vive nella memoria. Nella migliore dell’ipotesi sono spesso nozioni incomplete per poi correre il rischio di portare avanti per tutta la vita quelle incorrette. Così sapevo che c’erano i Moicani, gli Apaches, i Comanches, i Navajos ed i Sioux, e Toro Seduto era certo il capo più noto e tutti, dico tutti dovevano avere penne sulla testa.

Poi ho scoperto che ce n’erano tanti altri, e molto spesso hanno nomi del tutto sconosciuti e niente penne. E così è stato quando sono arrivato nella riserva dei Tohono O’odham, mai sentiti dire, e pensare che il loro territorio desertico e desolato è vasto forse quanto l’Umbria. La vegetazione è caretterizzata da sparsi cespugli e cactus e le aree coltivate non sembrano dare gran raccolti e proprio fra questi ho trovato la carcassa d’un grande animale, forse una vacca.

Abbiamo vagato per ore lungo strade sterrate e polverose, lungo le quali spesso vengono erette piccole minicappelle in memoriam di chi è spesso morto ubriaco in un incidente d’auto. L’alcolismo è il gran problema e le bottiglie di birra vuote da un litro sono un po’ dappertutto lungo i margini delle strade.

Triste, molto triste. Molto differente da quello che avevo immaginato da bambino.  

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005 1966-03 Sansepolcro, Gastone Dindelli, detto ’l Lili

May 29, 2010
il Lili, Gastone Dindelli

il Lili, Gastone Dindelli

Tutti lo conoscevano come ’l Lili. Quasi nessuno sapeva che anche lui avesse un vero nome e cognome: Gastone Dindelli. Abitava a Porta Romana con il padre ch’era un omone alto e distinto.Lavorava come operaio alla Buitoni, ma non so cosa facesse, di certo non caricava gli autotreni.

Negli anni ’50 veniva spesso al caffé di Bruno Fiordelli, per la Via Maestra (oggi K cafe). Era molto rispettoso nei confronti di mio padre, che in qualche maniera cercava d’aiutarlo e di proteggerlo e di certo gli voleva bene.

Girava con una Lambretta ed in quel piccolo mondo d’allora in teoria era un nemico: noi avevamo la Vespa. Vespisti e lambrettisti (sempre con “l” minuscola come segno di disprezzo) erano come i Guelfi e i Ghibellini.

Anni dopo, quando scoprii ch’aveva comprato un’Ape gli dissi soddisfatto: “Finalmente sei passata dalla parte giusta!”

Come ho giá narrato in un M’Arcordo… a lui dedicato (#8) fu epico il suo viaggio da Sansepolcro a Miramare, quando seguendo mio padre in Vespa, lui si perse nel traffico di Rimini. Si accorse d’aver sbagliato solo quando a San Marino scopri che quello che aveva seguito non era più ’l mi’ babbo.

Nella mitologia del Borgo si racconta d’una gran festa celebrativa per la fine della guerra (credo nell’inverno ’45 ’46). Il momento culminante fu quando il Lili, impersonando Vittorio Emanuele III in alta uniforme, comparve sul palcoscenico del Teatro Dante, tirandosi dietro uno spadone piu’ grande di lui.  Sembrava che il teatro venisse giu’ dalle risate. Nella scena il re fu processato, trovato colpevole di tradimento fu condannato a morte: fucilazione. Comparve allora un plotone d’esecuzione armato di bottiglie di spumante ed il povero Lili, re per un’ora, fu abbattuto con una raffica di tappi.

Feci questa foto davanti alla chiesa del Sacro Cuore, durante una festa di Carnevale organizzata da Luigino Chimenti, era il 1966.

“Scolaro Dindelli Gastone.”

“Presente!”

 

©Fausto Braganti l’immagine non può essere riprodotta senza l’autorizzazione scritta dell’autore.

Fausto Braganti

ftbraganti@verizon.net 

Il mio blog di memorie M’Arcordo… www.biturgus.com/

Ho recentemente pubblicato il libro “M’Arcordo…” che può essere acquistato nelle librerie di Sansepolcro. Questo è un breve filmato dell’inizio della presentazione del libro avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo “sala del biliardo”) del Comune di Sansepolcro, 25 aprile 

 Presentazione del libro M’Arcordo…

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004 1980-02 Guatemala, il mendicante di Chichicastenango

May 29, 2010

Guatemala, il mendicante di Chichicastenango

Penso che fu Mary-Jo che mi disse che dovevo essere a Chichicastenango di domenica; ed al mattino, prestissimo, sarei dovuto andare nella piazza del mercato quando gli indios Maya vanno alla prima messa.

 

Prima d’entrare nella piazza sentii un forte odore d’incenso assieme a quello di resina. La scalinata semicircolare di pietre un po’ inregolari che porta all’ingresso della chiesa di Santo Tomás era coperto di fiori e di barattoli dove bruciavano l’incenso. Altri fedeli accendovano  candele ovunque. Una gran folla dai vestiti tradizionali pieni di colori si accalcava per entrare in chiesa. Anch’io sono entrato. All’interno era difficile respirare per il fumo dell’incenso, e non son rimasto a lungo.

Questa chiesa fu costruita sulle rovine d’un tempio Maya, e le cerimonie credo siano cattoliche framischiate con antichi rituali.

Ho preferito poi vagare per il mercato. Era un mercato vero per la gente dl posto e di turisti, come me, non ce n’erano molti.

Fu proprio allora che vidi questo mendicante. Non ne avevo mai visto uno che andava in giro portandosi dietro un seggiolino, anche lui voleva star comodo.

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004 2000-09-23 Marblehead MA, pescatori a Devereux Beach

May 28, 2010

Marblehead MA, pescatori a Devereux Beach

Questa volta non vado lontano, meno di 500 metri da casa mia, a Marblehead, circa 20km a nord di Boston. Questa é la mia spiaggia. Bisogna fare i conti con le maree, quelle dell’Atlantico sono una cosa seria, non son come quelle dell’Adriatico a Riccione. L’acqua é fredda ed in generale molto pulita. 

 

Se a qualcuno venisse in mente di tradurre Marblehead in Testa di Marmo, debbo correggerlo, sarebbe meglio dire Capo (nel senso di promontorio) Roccia (mi hanno detto che nell’inglese del seicento “marble” ha il significato più generico di “roccia”). Quando i primi inglesi arrivarono verso il 1630 trovarono una costa frastagliata e coperta da scogli di granito. Decisero di rimanere, gli indiani erano pacifici ed il mare pescosissimo di merluzzi. Si racconta che si potevano prendere con le mani. Dopo anni di pesca indiscriminata di merluzzi se ne trovan pochi e son più cari dell’aragoste.

Non so cosa questi pescatori cerchino di prendere, forse un pesce chiamato blue-fish, che arriva con le maree, durante il mese d’agosto e settembre.

E per finire: questa é una delle mie primissime foto fatta con una macchina digitale. 

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003 1990-05-09 Mosca, Den Pobedi, aspettando la parata col babbo premuroso

May 27, 2010
 

1990-05-09 Mosca, Den Pobedy, aspettando la parata

Quando sono arrivato a Mosca all’inizio di maggio del 1990, venendo da Helsinki, c’era ancora l’Unione Sovietica, ma non per molto.

L’aereo era per la metá pieno di donne americane, più o meno sulla settantina e tutte indossavano un’impeccabile divisa blu. Chiesi a quella seduta accanto a me e lei mi disse con orgoglio che era una WASP (Women Airforce Service Pilots) ovvero donne pilota durante la Seconda Guerra Mondiale. Erano state invitate dalle donne pilota sovietiche a marciare con loro durante la gran parata del Giorno della Vittoria (9 maggio), la fine della guerra. Questo doveva far parte della perestroika di Gorbaciov.

Fu così che scoprii che mi ci sarei trovato anch’io.

Non ce la feci ad arrivare nella Piazza Rossa, ma con l’aiuto d’una guida turistica, riuscii a posizionarmi in un buon posto, da dove potevo almeno vedere la fine della parata.

La folla ben ordinata era enorme e si natavano persone dei piu disparati gruppi etnici. I reduci di guerra avevano il petto coperto di medaglie, alcuni sembrava che si dovessere inclinare in avanti per il peso.

All’improvviso si levó un venticello freddo. La bambina centrasiatica dal gran fioccone forse disse qualcosa al babbo e lui premuroso l’avvolse entro il cappotto, a mo’ di marsupio.

Nella nuova Russia credo che ci fu un momento di incertezza sulle feste sovietiche, ma so che Don Pobedi é ancora celebrato.

 http://www.youtube.com/watch?v=ivASIwtHALM&feature=related

 Ho recentemente pubblicato il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” che può essere acquistato nelle librerie di Sansepolcro. Questo è un breve filmato dell’inizio della presentazione del libro avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo “sala del biliardo”) del Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015. copertina

 presentazione del libro M’Arcordo… (in tutte le librerie di Sansepolcro, eccetto una)

Il mio blog fotografico https://1dailyphoto.wordpress.com/

E questo è il sito dedicato al http://il-dottore-fotografo-alla-grande-guerra.com/

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003 2008-03-30 Cambridge MA, MIT Stata Center di Frank Gehry

May 26, 2010

2008-03-30 Cambridge MA, MIT Stata Center

Credo che l’opera piú conosciuta di Frank Gehry sia il Gugenheim Museum a Bilbao. Non sono un critico d’arte e tanto meno d’architettura, quindi non scrivo nulla in proposito. In modo molto superficiale posso dire che lui é uno di quelli che progetta costruzione sgangherate. Il bello é che stanno in piedi e ci sono anche quelli che gliele commissionano e che alla fine pagano, e tanto.

Mi piacciono.

Da tempo ho spesso visto da lontano, solo di sfuggita, lo Stata Center ad MIT a Cambridge, Mass. Poi un giorno mi son fermato e con la macchina fotografica mi son dato alla pazza gioia. Ogni angolo mi dava un’ottima ragione per scattare una foto, anzi molte foto. Poi la luce cambiava e nuovi riflessi si sostuituivano a quelli di prima.

Questo é forse l’aspetto negativo dell’evoluzione che la fotografia ha avuto nell’era digitale. Si tende ad usare la macchina fotografica come un’arma automatica, si spara a raffica e poi alla fine non abbiamo neanche il tempo di guardare attentamente le foto.

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002 1982-01 Washington, i pattinatori davanti all’Archivio Nazionale

May 25, 2010

002 1982-01 i pattinatori davanti all'Archivio Nazionale

Non ho mai imparato a pattinare e non posso dire che ci abbia provato molto. 

 

Ci ho provato due volte, una con i pattini a rotelle al Borgo quando ero proprio piccino ed un’altra volta a Marblehead in un laghetto gelato. In tutti i due casi ho smesso subito. Non faceva per me.

Ho sempre ammirato, meglio dire sono stato invidioso di quelli che lo potevano fare, la loro naturalezza faceva sembrate che il tutto fosse cosi facile.

Quella domenica pomeriggio, ma forse era un sabato, all’inizio di gennaio era freddissima.

Da pochi giorni era arrivato a Washington ed avevo appena iniziato un nuovo lavoro, per la prima volta avevo un grande ufficio tutto per me. Avevo una brava segretaria di Montefiascone che sapeva dattilografare e stenografare in inglese ed in italiano. Sarei dovuto esser contento e soddisfatto, ma non lo ero. A casa, con il mio trasferimento, le cose non andavano bene e sentivo che sarebbero peggiorate, e peggiorarono.

Camminavo solo e malinconico lungo la Mall, e proprio davanti all’Archivio Nazionale mi incantai a guardare i pattinatori. Era come fossero in un quadro dell’olandase Avercamp. Loro sembravano felici. Ma perché io non sapevo pattinare? Ma perché non mi potevo unire a loro? Forse bastava saper pattinare per esser contenti.

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002 1984-02 Marrakesh, il dentista di Djemaa el Fna.

May 24, 2010
 

Marrakesh, il dentista di Djemaa el Fna

Quando tanto tempo fa vidi “The man who knew too much” di Hitchcock di certo non pensai che un giorno avrei camminato per quell’incredibile mercato. Quando ci arrivai dopo trent’anni non credo che fosse molto cambiato.

Per fortuna non ebbi problemi con i denti. 

 

Al ritorno dal viaggio stampai una gran copia di questa foto del cavadenti e la regalai al mio dentista, Dr. Robert Jackson, che subito l’appese nel suo ufficio, forse per far vedere ai suoi clienti quanto fossero migliorati i suoi metodi. La foto rimase in bella mostra per anni, fin quando lui morì.

Una diecina d’anni dopo la mia visita in Marocco due miei amici di New York decisero di fare un viaggio a Marrakesh. Feci un’altra copia della foto e la diedi loro perché la portassero al dentista di Djemaa el Fna.  Mi dissero poi che arrivati nella piazza, nonostante la folla, non fu affatto difficile ritrovarlo. Lui ancora era lá in attesa di offrire il suo filantropico aiuto a tutti quelli col mal di denti. 

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005 1984-10 Mezzavia d’Anghiari, i cucitori di tabacco,

May 23, 2010

 

1984-10 Mezzavia d’Anghiari, i cucitori di tabacco

Nell’Alta Valle del Tevere da secoli si coltiva il tabacco, e ci son tante storie di quando e come, e di chi cominció questa cultura, spesso con riferimenti alla Repubblica di Cospaia.

Una sera d’ottobre del 1984, passando per Mezzavia, andando da Sansepolcro verso Anghiari, notai delle gente che lavorava nell’aia. Capii subito cosa stavano facendo: cucivano con degli agoni le gran foglie di tabacco Kentacky a delle stanghe di legno. L’avrebbero poi appese all’interno del seccatoio. Ogni mezza foglia un giorno sarebbero diventate sigari toscani.

Era un lavoro che conoscevo bene. All’etá di 7 anni avevo giá imparato a cucire, me l’avevano insegnato alla Pieve Vecchia. La parte più sgradevole era il lattice bianco e superappiccicoso che veniva fuori dalla costola del foglione e cosi difficile da lavar via.

 

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004 1978-09 Sansepolcro, la Pieve Vecchia.

May 23, 2010
 

 

1978-09 Sansepolcro, la Pieve Vecchia

La Pieve Vecchia, oggi é l’Oroscopo, era dove stavano i cugini del babbo, gli Antonelli. Quasi ogni sera, da primavera ad autunno inoltrato, i miei predevano le biciclette ed con me in canna, partivano per andare a trovarli.

Mio padre ci aveva passato le sue estati, cominciando da prima della Prima Guerra Mondiale.         

Da sfollati abbiamo vissuto con loro nell’estate del ’44 e poi anche in quella del ’48, dopo il terremoto. Con loro abbiam celebrato tanti Natali e Pasque. Con la zia Sunta (sorella del nonno Barbino) ho detto tanti rosari, mentre il nonno s’allontanava brontolando.

Quando si aprivano le caccie, da li partiva la squadra del babbo ed io aspettavo impaziente il ritorno, sempre sperando che ‘l babbo avesse ammazzato un lepre (al Borgo lepre e’ maschile).

Mi hanno sempre detto che ho fatto i miei primi passi nell’aia, davanti al pozzo. Mi ricordo quando Tonino tolse le rotine alla mia piccola bicicletta rossa ed io son volato via sicuro lungo la via che portava alla strada nazionale.