Non era mai stato in una riserva indiana. Nell’aprile del 2007 abbiamo fatto un viaggio nel sud dell’Arizona ed siamo appena entrati in Messico, a Nogales.
Da sempre, grazie a romanzi a film ed a fumetti, sapevo degli indiani americani, che poi non sono neanche indiani. Come tante cose che apprendiamo da bambini eran rimaste vive nella memoria. Nella migliore dell’ipotesi sono spesso nozioni incomplete per poi correre il rischio di portare avanti per tutta la vita quelle incorrette. Così sapevo che c’erano i Moicani, gli Apaches, i Comanches, i Navajos ed i Sioux, e Toro Seduto era certo il capo più noto e tutti, dico tutti dovevano avere penne sulla testa.
Poi ho scoperto che ce n’erano tanti altri, e molto spesso hanno nomi del tutto sconosciuti e niente penne. E così è stato quando sono arrivato nella riserva dei Tohono O’odham, mai sentiti dire, e pensare che il loro territorio desertico e desolato è vasto forse quanto l’Umbria. La vegetazione è caretterizzata da sparsi cespugli e cactus e le aree coltivate non sembrano dare gran raccolti e proprio fra questi ho trovato la carcassa d’un grande animale, forse una vacca.
Abbiamo vagato per ore lungo strade sterrate e polverose, lungo le quali spesso vengono erette piccole minicappelle in memoriam di chi è spesso morto ubriaco in un incidente d’auto. L’alcolismo è il gran problema e le bottiglie di birra vuote da un litro sono un po’ dappertutto lungo i margini delle strade.
Triste, molto triste. Molto differente da quello che avevo immaginato da bambino.